Risposta a Gambarotta

Spett.le redazione de La Stampa

Saremmo lieti di far recapitare, con preghiera di pubblicazione, la nostra risposta al sempre apprezzato Bruno Gambarotta che ha parlato di noi nel corsivo dal titolo “Privacy Pride, meglio le catacombe che una pubblica piazza di Roma”, apparso ieri 5 novembre su Torino Sette

Gent.mo Dott. Gambarotta,

siamo i membri del comitato “Privacy Bene Comune”, nonché promotori del “Privacy Pride” a cui Lei ha fatto riferimento.

Malgrado il corsivo in questione non esprima un vero sostegno per la nostra iniziativa, abbiamo colto non solo la sferzante ironia che ptraspare dall’articolo, ma anche la straordinaria precocità nell’essere venuto a conoscenza dell’iniziativa: per dire, il famoso motto “Privacy is not a crime” campeggiava solo sulla versione provvisoria del sito, ossia fino al ponte dei Santi; la stessa indicazione di Piazza Venezia indica il fatto di esserne venuto a conoscenza da tempo, dal momento che nel frattempo siamo stati costretti a rinunciarvi per un diniego della Questura e non sappiamo ancora se la manifestazione potrà tenersi a Piazza del Popolo.

Soprattutto però abbiamo apprezzato l’acutezza con cui sono stati individuati gli aspetti paradossali ma assolutamente nodali della questione privacy e, di conseguenza, della nostra manifestazione. Citiamo solo alcuni passaggi

“Dici che hai diritto di vivere nell’ombra … e lo fai protestando in piazza, sotto il sole, nel centro di Roma?” riassume tutto il paradosso e il significato del Pride: una comunità di persone le quali, per far valere un diritto fondamentale sancito sia in Costituzione che nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sanno che l’unico modo per continuare ad avere uno spazio privato è rivendicarlo in uno spazio pubblico. Se infatti ci isolassimo sul cucuzzolo della montagna e continuassimo un po’ tutti a mostrare insofferenza verso la causa (che può essere interpretata come tacito consenso), sarebbe solo questione di tempo prima che ci venga sottratto anche il famigerato cucuzzolo (e d’altronde se pensiamo a tutti gli apparecchi digitali “intelligenti” nelle case degli italiani, che inviano qualsiasi tipo di conversazione all’azienda madre, possiamo ancora definire le mura di casa uno spazio privato?)Sarà dura iniziare a farlo ora, ma si sa: se sei il primo a fare qualcosa, il sentiero non è tracciato.

“Cancelliamoci dai social tornando alle lettere scritte a mano!”. può in effetti non ironicamente essere un approccio più salubre per la nostra salute mentale, in quanto la lettera scritta a mano dimostra una quantità di tempo/affetto non indifferente nei confronti di chi la riceve. Forse però Lei ha ragione: siamo davvero pronti a tornare in un mondo dove quasi nessuno si ricorda davvero il nostro compleanno? È per questo che esploriamo anche strumenti come i social decentralizzati (tipo Mastodon), che cercano di mantenere quello strumento a cui molti sono affezionati ma senza le parti nocive per la democrazia.

Per concludere, la manifestazione del 13 novembre, organizzata urgentemente in meno di tre settimane di fronte al varo del Decreto Capienze – il quale lede la privacy di cittadini e cittadine con modifiche del tutto estranee al discorso capienze, e che è in procinto di essere approvato in blocco dalle Camere), vedrà probabilmente in piazza poche decine di persone, eppure costituirà una pietra d’inciampo: una di quelle pietre d’inciampo che, come succede spesso a Roma, emergono dal sottosuolo facendo scorgere la presenza di una nuova catacomba.

Magari proprio una di quelle catacombe dove recitare sottovoce un “Privacy Pride” davvero riservato sarebbe certo più opportuno… ma decisamente meno efficace!